Riportiamo qui di seguito il testo della relazione del direttore di āEurasiaā, Claudio Mutti, esposta in occasione della conferenza: āLa fine dei Ceausescu e la caduta della Repubblica Socialista di Romaniaā
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Nella famosa conferenza del 25 gennaio 1904, il geopolitico britannico Sir Halford Mackinder segnalava ai suoi ascoltatori lāimportanza fondamentale della grande area situata al centro del continente eurasiatico, area da lui denominata Heartland [lett. āregione-cuoreā, cioĆØ āterritorio centraleā] e definita āil perno geografico della storiaā.
In un successivo studio del 1919, Democratic Ideals and Reality, Mackinder sviluppava lāargomento ed affermava testualmente: āChi guida lāEuropa orientale domina il Heartland. Chi guida il Heartland domina il World Island [l'āIsola-Mondoā, originale espressione con cui Mackinder designava il Continente Antico: Eurasia ed Africa]. Chi guida il World Island domina il mondoā.
Al tempo della Guerra Fredda, molti analisti riferirono questa celebre formula allāimportanza rivestita dallāEuropa orientale nel confronto bipolare USA-URSS. La Romania veniva dunque considerata come parte integrante di quello spazio che si trovava al centro della lotta per il potere mondiale.
Dopo il 1989 la Romania, insieme con gli altri paesi dellāEuropa orientale, ĆØ entrata nellāAlleanza Atlantica e nella NATO (North Atlantic Treaty Organization).
Tre di questi paesi ufficialmente āatlanticiā (lāAlbania, la Croazia ed anche la Slovenia) sono in realtĆ paesi mediterranei, come lo ĆØ dāaltronde lāItalia, paese āatlanticoā di piĆ¹ vecchia data; quattro (la Polonia, lāEstonia, la Lettonia e la Lituania) sono bagnati dal Mar Baltico; altri due (la Bulgaria e la Romania) si affacciano sul Mar Nero; infine, ce ne sono tre che non solo non hanno nessuno sbocco sullāAtlantico, ma non hanno proprio nessuno sbocco su nessun mare: sono la Repubblica Ceca, la Slovacchia e lāUngheria.
Assegnare alla Romania lo statuto di āpaese atlanticoā equivale dunque a falsificare lāidentitĆ geografica di questo paese ed a negarne la funzione naturale, al fine di formalizzarne il ruolo di postazione dellāOccidente atlantico sul margine sudorientale dellāarea egemonizzata dagli Stati Uniti, avamposto statunitense in prossimitĆ della Russia.
Alla collocazione atlantica e occidentale, imposta alla Romania daglāinteressi geostrategici statunitensi, la geografia e la storia contrappongono una ubicazione centrale, che ĆØ stata dāaltronde sottolineata in vario modo dagli studiosi di geopolitica, romeni e non.
A definire lo spazio geografico romeno non ĆØ lāOceano Atlantico; sono, invece, i Carpazi, il Danubio e il Mar Nero.
I Carpazi, che qualcuno ha definito āla colonna vertebrale del territorio e del popolo romenoā, chiudono entro un anello la Transilvania, la quale, nella visione dei geopolitici romeni, rappresenta per il Paese quel Kernland (āregione noccioloā) e quel Mittelpunkt (āpunto centraleā) di cui parlano i classici del pensiero geopolitico.
Il Danubio, la piĆ¹ importante via fluviale dāEuropa, costituisce una diagonale di navigazione del tutto privilegiata, cosicchĆ© la Romania, bagnata da questo fiume per oltre mille chilometri, ĆØ un tramite naturale fra i paesi industriali dellāEuropa occidentale da una parte e quelli del Vicino e del Medio Oriente dallāaltra.
Il terzo fondamentale elemento geografico della Romania ĆØ il Mar Nero. Data la sua natura di mare interno e data la sua lontananza dagli oceani, il Mar Nero ha un retroterra immenso e di grande importanza. Esso si trova alla confluenza di due grandi aree di civiltĆ , quella ortodossa e quella islamica, nonchĆ© di due aree etnolinguistiche, quella slava e quella turca.
Il Mar Nero costituisce un polo degli interessi maggiori di Romania, Bulgaria, Turchia, Georgia, Russia e Ucraina. Grazie alla comunicazione col Mar di Marmara, glāinteressi di questi paesi si estendono, attraverso il Mare Egeo, al Mare Mediterraneo e di qui ad altre zone della terra.
Fra i tanti studiosi e uomini politici che hanno posto in rilievo la funzione geostrategica di queste componenti geografiche, cito lo statista Gheorghe I. BrÄtianu (1898-1953), che ha sottolineato come la Romania rappresenti un punto nodale del continente eurasiatico, punto di intersezione di migrazioni di popoli e di grandi imperi.
āNoi viviamo qui in una confluenza di strade (āla o rÄspĆ¢ntie de drumuriā), in una confluenza di culture e, purtroppo, in una confluenza di invasioni e di imperialismi. Noi non possiamo essere separati dallāintero complesso geografico che (ā¦) delimita e confina il nostro destino fra i due elementi che lo dominano: la montagna e il mare. Quello che vorrei fosse chiaro ĆØ che, per capire il nostro passato, dobbiamo capire innanzitutto lāintero complesso geografico, storico, geopolitico, di cui esso fa parteā (Gh. I. BrÄtianu, Chestiunea MÄrii Negre, Curs 1941-1942, Universitatea BucureÅti, Facultatea de Filozofie Åi Litere, ed. Ioan Vernescu, pp. 11-12).
Anche il geopolitico romeno VintilÄ MihÄilescu (1890-1978) ha evidenziato il ruolo di crocevia geografico e geopolitico della Romania, mostrando come il paese si trovi nel punto in cui convergono linee di tendenza provenienti dallāEuropa centrale, dai Balcani e dalla Russia.
I caratteri di centralitĆ della Romania risultano ulteriormente evidenti, qualora si considerino le sue coordinate culturali. La simultanea appartenenza allāOrtodossia (geograficamente diffusa tra Belgrado e Vladivostok) e la famiglia neolatina (insediata tra Bucarest e Bruxelles) costituisce un potenziale elemento di raccordo tra le confessioni cristiane occidentali e quelle del cristianesimo orientale.
In particolare la Transilvania, āregione noccioloā della Romania, costituisce il punto di convergenza di tre settori della geografia linguistica europea (quello neolatino, quello germanico e quello ugrofinnico) e delle tre principali confessioni cristiane (la ortodossa, la cattolica, la protestante).
Per venire al periodo succeduto alla Seconda Guerra Mondiale, quale fu la percezione geopolitica che i Romeni ebbero circa la posizione del loro paese?
Nellāordinamento politico egemonizzato dal Partito Comunista, la scuola geopolitica romena dovette bruscamente cessare le proprie attivitĆ , poichĆ© in tutto il cosiddetto ācampo socialistaā la geopolitica era ufficialmente messa al bando, in quanto assimilata alla Geopolitik di Karl Haushofer e degli altri geopolitici del Terzo Reich e quindi condannata come āpseudoscienza nazistaā.
Dico ufficialmente, perchĆ© la geopolitica continuĆ² ad esistere anche nel periodo comunista: la si insegnava, in maniera informale, nei corsi di strategia, geostrategia, storia militare, arte militare. Pur senza avere istituito corsi ufficiali di teoria geopolitica, nella pratica delle relazioni internazionali la Romania socialista instaurĆ² una coerente linea dāazione, ispirata ad un preciso progetto geopolitico.
CiĆ² avvenne quando, in seguito alla svolta nazionalcomunista avviata da Gheorghe Gheorghiu-Dej e condotta a termine da Nicolae CeauÅescu, la Romania mirĆ² a diventare un Paese autonomo, capace di svolgere una sua specifica ed originale funzione nella politica internazionale e di acquisire quella centralitĆ che era stata una costante delle elaborazioni teoriche interbelliche.
La nozione di centralitĆ ā alla quale i geopolitici dāanteguerra avevano fatto ricorso per individuare la collocazione della Romania rispetto agli altri Stati ā con CeauÅescu tese ad assumere un significato di sostanziale equidistanza, tantāĆØ vero che Bucarest, pur non mettendo mai in discussione la propria appartenenza al ācampo socialistaā, riuscƬ ad intessere una fitta rete di relazioni con paesi appartenenti a schieramenti internazionali diversi. Esemplare, in proposito, fu la posizione romena nel quadrante balcanico, che puĆ² essere riassunta con le parole dello stesso ConducÄtor:
āLa Romania sviluppa buone relazioni con tutti i paesi socialisti dei Balcani: con la Bulgaria, (ā¦) con la Repubblica Popolare dāAlbania (ā¦) Per quanto concerne le nostre relazioni con la Jugoslavia socialista, vicina ed amica, desidero sottolineare che esse conoscono uno sviluppo continuo (ā¦) Coerente con la sua politica di estensione dei rapporti con tutti i paesi, indipendentemente dal loro ordinamento sociale e politico, la Romania si pronuncia per lo sviluppo delle relazioni con la Grecia e con la Turchia. (ā¦) Anche se Romania e Turchia appartengono ad alleanze politiche e militari diverse, nelle conversazioni coi dirigenti turchi abbiamo concordato nella convinzione che le differenze di sistema sociale e politico, lāappartenenza ad unāalleanza o ad unāaltra non possono ā e non devono ā impedire lo sviluppo di relazioni normali tra StatiāĀ (M.-P. Hamelet, Nicolae CeauÅescu. Biografie Åi texte selectate, Editura politicÄ, BucureÅti 1971, pp. 215-216).
A questa equidistanza, finalizzata ad allacciare e rinsaldare le relazioni tra paesi europei appartenenti ai due diversi schieramenti internazionali, corrispose la presa di posizione con cui la Romania, anzichĆ© prender partito nel dissidio russo-cinese, si volle collocare super partes, anzi, inter partes, ed ambƬ a svolgere una funzione di raccordo tra le due grandi potenze eurasiatiche. Tale presa di posizione fu cosƬ illustrata da CeauÅescu nel corso di unāassemblea internazionale di partiti comunisti ed operai:
āIl nostro Partito, giĆ molti anni fa, ha osservato con preoccupazione lāacuirsi della polemica pubblica e lāaggravarsi delle divergenze tra i partiti comunisti ed operai, in particolare tra il Partito Comunista dellāUnione Sovietica e il Partito Comunista Cinese. (ā¦) Nella primavera del 1964 il Partito Comunista Romeno si ĆØ rivolto tanto al Partito Comunista dellāUnione Sovietica quanto al Partito Comunista Cinese con un appello a non estendere ed acuire la polemica, ad agire per trovare vie di soluzione delle questioni su cui esistono divergenze. (ā¦) Come abbiamo dichiarato pubblicamente e come abbiamo detto ai compagni cinesi, noi non siamo dāaccordo con le accuse che essi fanno al Partito Comunista dellāUnione Sovietica e ad altri partiti comunisti. Contemporaneamente, abbiamo mostrato ai compagni sovietici ed ai compagni di altri partiti fratelli che non siamo dāaccordo neanche con le accuse che essi fanno al Partito Comunista Cineseā (M.-P. Hamelet, op. cit., pp. 186-188).
Un aspetto problematico dellāequidistanza romena si manifestĆ² invece allorchĆ© il ConducÄtor, in seguito alla visita di Nixon a Bucarest, vestƬ i panni dellāintermediario ed operĆ² ai fini del riavvicinamento cino-americano, che Kissinger riteneva necessario per la strategia antisovietica.
Altrettanto problematica fu la posizione di equidistanza e di neutralitĆ assunta da Bucarest nel 1967, in seguito allāaggressione sionista contro i paesi arabi. Mentre gli Stati del blocco socialista (che pure avevano gravi colpe per quanto riguarda la nascita del regime dāoccupazione sionista in Palestina) si schieravano col mondo arabo e ritiravano le rappresentanze diplomatiche da Tel Aviv, la Romania colse lāoccasione per accentuare la propria distanza dallāURSS, mantenendo e coltivando le relazioni col regime sionista insediatosi in Palestina. Secondo il progetto ceauscista, lāequidistanza tra lāaggredito e lāaggressore offriva alla Romania la possibilitĆ di svolgere un ruolo di mediazione che ne avrebbe confermato la posizione di Stato indipendente e sovrano, impegnato nellāattivitĆ di arbitro di pace. Cito ancora CeauÅescu:
āLa Romania non ha nessun genere di interessi speciali nel Vicino Oriente. La sua posizione nel problema della guerra tra i paesi arabi ed Israele parte dalle realtĆ create come conseguenza dello sviluppo del mondo postbellico: lāesistenza degli Stati arabi indipendenti e lo Stato dāIsraele. Come amici dei popoli arabi, abbiamo sempre manifestato la nostra solidarietĆ e il nostro sostegno alle loro aspirazioni di unitĆ nazionale, di progresso economico e sociale, di indipendenza nazionale. (ā¦) Ma desideriamo dire onestamente agli amici arabi che non comprendiamo e non condividiamo la posizione di quei circoli che si pronunciano per la liquidazione dello Stato dāIsraele. (ā¦) A nostro parere, lāunica via razionale per risolvere il conflitto nel Vicino Oriente ĆØ il ritiro immediato delle truppe israeliane dai territori occupati, lo svolgimento delle trattative con la partecipazione delle parti interessate per la soluzione delle controversieā (M.-P. Hamelet, op. cit., pp. 220-221).
Per comprendere bene la posizione ceauscista circa il Vicino Oriente, riassumibile nei termini dellāodierna formula ādue popoli, due Statiā, bisogna tener presente anche un altro fatto determinante: dopo la seconda guerra mondiale gran parte degli ebrei residenti nel paese danubiano era andata a stabilirsi in Palestina, cosicchĆ© i Romeni erano indotti a vedere, nellāesistenza di una colonia ebraica lontana dai loro confini, la soluzione di quel problema che li aveva a lungo assillati. āPer i Romeni la Romania, per i giudei la Palestinaā: era stata questa, fin dagli anni Venti del secolo scorso, la parola dāordine di un popolo esasperato dalla massiccia invasione ebraica.
Questa linea, che nel periodo interbellico non aveva trovato in Romania solo sostenitori, ma anche autorevoli oppositori, fu seguita con convinzione da CeauÅescu; il quale, se da un lato allontanĆ² gli ultimi ebrei dalle posizioni che ancora occupavano nel Partito e nello Stato e favorƬ lāemigrazione ebraica dalla Romania, dallāaltro adottĆ² nei confronti del regime sionista una posizione di sostanziale complicitĆ .
Questa tattica compromissoria non riuscƬ tuttavia ad impedire che personaggi riconducibili allāambiente sionista, quali Silviu Brucan e Petre Roman, avvalendosi di una rete internazionale di complicitĆ ormai definitivamente accertate, riuscissero a tessere in Romania le fila della congiura sfociata nel colpo di Stato del 1989.
Circa il significato politico di tale evento, si puĆ² dire che esso rappresentĆ² la liquidazione definitiva di quella posizione di indipendenza e di centralitĆ che il nazionalcomunismo si era sforzato di rivendicare alla Romania.
Il ruolo svolto dai servizi segreti sovietici al colpo di Stato del dicembre 1989 aveva ovviamente lo scopo di assicurare allāegemonia moscovita lo spazio romeno; ma, alla fin dei conti, il sostegno fornito da Mosca al movimento eversivo si risolse in un attivo contributo alla conquista statunitense dellāEuropa orientale. CosƬ, anche in Romania, Gorbaciov lavorĆ², se non per il Re di Prussia, per il Presidente americano.
Nel ventennio successivo al 1989, la Romania ĆØ stata oggetto del disegno egemonico statunitense, che la ha assegnata dāautoritĆ alla cosiddetta āNew Europeā, cioĆØ al gruppo di quei paesi ex comunisti che, al momento dellāaggressione angloamericana contro lāIraq, si misero a disposizione di Washington, dissociandosi in tal modo dalla politica europeista della Francia e della Germania.
Nel nuovo confronto delle potenze atlantiche con la Russia, ĆØ prevedibile la Romania ĆØ destinata a diventare, assieme alla Bulgaria, alla Repubblica Ceca, alla Polonia ed agli staterelli baltici, il tassello di un ācordone sanitarioā antirusso.
In un tale contesto geostrategico, la Romania svolgerebbe, in particolare, il ruolo di sentinella della NATO sul Mar Nero, piĆ¹ o meno come la dirimpettaia Georgia, mentre gli altri paesi dellāEuropa centro-orientale egemonizzati dallāAlleanza Atlantica dovranno servire per impedire alla Russia lāaccesso al Baltico e allāAdriatico.
Nellāipotesi, del tutto teorica, che la Romania fosse in grado di adottare una linea di condotta improntata a principi di sovranitĆ e di autonomia, essa, anzichĆ© ridursi ad essere una semplice pedina della strategia atlantista, dovrebbe necessariamente ridefinire la propria identitĆ geopolitica, assumendo una funzione conforme alla propria posizione geografica e proponendosi non come sentinella dellāOccidente, ma come elemento di raccordo, come ponte tra lāEuropa e la Russia.
Ma questa ipotesi ĆØ molto lontana dalle possibilitĆ offerte dalla realtĆ odierna, poichĆ© lāattuale classe politica romena non sembra affatto in grado di concepire, e tanto meno di attuare, un progetto geopolitico di questo genere.
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